«Allargare sempre più gli attuali contatti». La Cooperativa Produttori Donoratico e lo sviluppo della rete produttiva
di Federico Creatini
Misconosciuto dai sindacati e diviso al suo interno a dispetto di un apparente monolitismo, il movimento cooperativo italiano si trovò a percorrere nei primi anni Cinquanta del XX secolo un sentiero sempre più stretto, senza solidi appigli istituzionali né precisi punti di riferimento economici. Pur cominciando a raccogliere i primi benefici legati alla riorganizzazione intrapresa dalla Lega Nazionale, al suo interno persistevano infatti gravi problemi di gestione: dalla carenza di attrezzature tecniche alla scarsa consistenza di mezzi finanziari, passando per il contrasto fra obiettivi aziendali e finalità sociali. In questo quadro, nel turbine delle lotte per la terra e dell’annosa questione del «maltolto», la Cooperativa Produttori Donoratico (1950) nacque con l’obiettivo di garantire ai suoi soci una stabilità economica connessa al trasporto dei prodotti ortofrutticoli e alla produzione e trasformazione del latte: nel farlo, cercò anzitutto di prendere parte all’Alleanza Italiana delle Cooperative Agricole, sindacato delle cooperative aderente alla Lega Coop. Non sembrava comunque bastare dinnanzi alle criticità del mercato ed alle restrizioni subite dal capitale azionario delle aziende cooperative, tanto che il Consiglio di amministrazione decise di guardare con convinzione ad economie di scala in grado di ampliare le possibilità commerciali dell’azienda. Alcuni adeguamenti vennero adottati fin dal febbraio 1953. Nella seduta del 12, ad esempio, il presidente Gino Pagni dispose tra gli ordini del giorno una modifica allo statuto della società inerente ai trasporti: «l’esercizio dell’impresa per il trasporto del latte e dei prodotti ortofrutticoli», si appuntava sul verbale, «è logicamente e necessariamente condizionato dalla produzione dei beni da trasportare nei terreni di proprietà dei soci della Cooperativa». Continuava, poi: «Ciò avviene anche e soprattutto con il trasporto sui terreni, dai quali detti beni si ricavano, delle materie e delle attrezzature (come concimi, macchine agricole, sementi e quant’altro occorrente ad alimentare e incrementare la produttività). Beni, questi, che non potendo essere destinati alla Cooperativa quali organismi collettivi, danno luogo a quella forma di trasporto detto “per conto terzi”, al quale la Società non è attualmente autorizzata a norma del Vigente Statuto sociale. E per tanto è necessario opportunamente integrare lo Statuto in modo da eliminare questa deficienza che fino ad oggi ha arrecato non poco danno».
Ad ogni modo, la modifica della lettera A dell’art.2 costituì solo un primo passo nel tentativo di ottimizzare il lavoro della cooperativa. L’aspetto più interessante riguardò difatti l’avvio di una collaborazione con la Cooperativa Agricola di Piombino, incentivo alla costruzione di una rete in grado di garantire maggiori opportunità alla produzione degli associati. Il punto, peraltro, sarebbe stato ribadito con convinzione anche dal Consiglio di amministrazione uscente durante la seduta del 24 aprile 1955: «Il suggerimento che diamo al Consiglio di amministrazione che ci succederà è quello di allargare sempre più gli attuali contatti con la Cooperativa Agricola di Piombino, in quanto essa sta per costruire un caseificio e procurerà perciò dei vantaggi anche a noi per la sicurezza del piazzamento del prodotto». Invero, era stata proprio questa dilatazione logistica a favorire un primo sviluppo della cooperativa. Sulla spinta delle evoluzioni del settore chimico spendibili in campo agricolo, dal 1953 la società incrementò sistematicamente anche la vendita di concimi, mangimi e anticrittogamici ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato: lo scopo, come riportava il Consiglio di amministrazione, non era solo quello di «far risparmiare sui prodotti, ma anche di far conoscere a tutti prodotti finora sconosciuti, i quali si dimostrano ritrovati utilissimi soprattutto nell’allevamento del bestiame». Tutto ciò configurava lo scorcio di un’Italia in rapida crescita. Mentre il richiamo della fabbrica diventava sempre più insistente, anche il settore agricolo venne investito da mutamenti strutturali e produttivi destinati a rispondere gradualmente alle esigenze della consumazione di massa.
Nella gestione di anni così tormentati, le sfide della Cooperativa Produttori di Donoratico riguardarono perciò continui tentativi di mantenere una solida istanza di garanzia sociale nelle pieghe dello sviluppo economico. Da queste istanze, allo stesso tempo, prese piede un processo integrativo atto a rendere la Cooperativa un riferimento non solo per tutti gli agricoltori, ma anche per quelle piccole e grandi aziende che oggi contribuiscono a formare un tessuto imprescindibile per affrontare le sfide del domani. Merito da attribuire indubbiamente anche quel gruppo di audaci contadini che, quasi settant’anni fa, promosse sul territorio un modello capace di adattarsi alle trasformazioni e di superare gradualmente le divisioni politiche e sindacali in un’ottica di bene comune.